ARCHEOASTRONOMIA
Secondo nuove ricerche i popoli che abitarono la Sardegna a partire dall’ultima glaciazione non sarebbero assolutamente quelli attribuiti dalla storia tradizionale.
Ricerche di confine ma non solo si stanno intrecciando facendo emergere uno scenario molto diverso.
Cercheremo attraverso le nostre ricerche di fare una sintesi di quanto sta venendo a galla negli ultimi anni esponendo infine la nostra teoria.
UN SUSSEGUIRSI DI NOTIZIE
Sono passati ormai cinque anni da quando mi capitò di leggere un intervista rilasciata dal giornalista Sergio Frau ad un periodico di miti e civiltà scomparse. Egli dichiarava che, secondo i suoi studi, la Sardegna sarebbe stata la mitica Atlantide. Una notizia, ricordiamo, che ben presto fece il giro del mondo. Pubblicò il libro “Le Colonne d’Ercole”, un libro di seicentocinquanta pagine di episodi storici relativi agli anni presi in esame dove l’autore si divertiva a “mettere agli atti” tutte le incongruenze frutto a suo dire dell’incompetenza dei trascrittori spesso privi di qualsivoglia nozione dell’effettiva realtà. Il libro chiudeva con la “denuncia” più sostanziosa chiedendosi cosa ci facesse tutto quel fango nella pianura del Campidano. Da allora altri studiosi, scrittori, hanno espresso interessanti, nuove e diverse ipotesi pubblicando libri sull’Isola. Segno dei tempi.
Ricordiamo Danilo Scintu in “Le Torri del Cielo” dove l’autore cercò di dimostrare la vera natura dei nuraghi con ipotesi circostanziate. Ricordiamo Gian Giacomo Pisu ne “La Flotta Shardana” dove autorevolmente, vista la sua posizione di capitano di lungo corso, conoscitore quindi delle navi, cercò di dimostrare come i sardi oltre a saper navigare viaggiarono in lungo e in largo nel bacino del Mediterraneo con navi di altissima qualità, quando altre civiltà più blasonate di questa non erano in grado di costruire nemmeno qualcosa che gli somigliasse minimamente. Ricordiamo Mauro Aresu in “Uomo Terra” dove grazie alle sue doti di rabdomante è riuscito a dimostrare come i sardi sapessero riconoscere i luoghi con alte densità di magnetismo ove edificare luoghi di culto per essere usati a scopo terapeutico dando prova nelle sue descrizioni di una conoscenza altrettanto non indifferente. Ricordiamo Leonardo Melis in “Shardana -I Popoli del mare” un libro affascinante che vuole dimostrare, attraverso le sue ipotesi di studio, che tra i Popoli del Mare gli Shardana furono quelli provenienti dalla Sardegna, elencando le loro gesta, le loro imprese storiche che non sono mai state riconosciute dalla storia accademica. Ricordiamo infine il più anziano e ormai deceduto appassionato di storie antiche sulla Sardegna: il Prof. Raimondo De muro che, nel suo “I Racconti della Nuraghelogia” (Sos contos de sa Nuraghia), tratto da un’epopea di circa mille pagine, ha arricchito il lettore e nella fattispecie il sottoscritto, delle più affascinanti novelle tratte da antiche testimonianze, che restituiscono l’Isola alla realtà, quella dimenticata, quella oggi tanto ricercata.
Cosa sta succedendo? Ci stiamo svegliando? O è bastato il fatto che “uno” ha avuto il coraggio di “dare il La” per iniziare questo storico percorso risanatore?
Una domanda non esclude l’altra, per cui la risposta, secondo il sottoscritto, è che essendo maturi i tempi per tali riflessioni ed essendo colui che per primo ha avuto il coraggio di esprimersi un giornalista di rilevanza nazionale, quindi per abitudini ragionevoli meno determinato dei suoi conterranei, ha sicuramente dato l’esempio.
Prendiamone atto! Sta di fatto che comunque qualcosa si è mosso. Meno male.
LA TERRA DEGLI DEI” “Il libro cui ho lavorato da tempo è ormai giunto alla stesura finale...”. Questo è l’inizio dell’articolo apparso su “Archeomisteri” nell’Ottobre 2004. Dopodiché visti i risultati di alcune ricerche fatte dal sottoscritto, ho preferito prender tempo ed aspettare ulteriormente prima di pubblicare il libro.
Ufologo appassionato, collaboratore del CUN (Centro Ufologico Nazionale)e vice coordinatore della sezione sarda dello stesso centro, ho avuto fin dalla più tenera età il sospetto che la storia così come l’avevamo studiata dalle scuole elementari in poi non fosse coerente con le sensazioni più profonde che segnavano le mie ricerche nei siti più arcaici della nostra isola. Tanto più che queste ricerche venivano fatte sul campo, nel senso che spesso e volentieri solevo camminare per giorni e giorni da un sito a l’altro addormentandomi addirittura quando al sole, ormai tramontato da un pezzo, sopraggiungeva l’oscurità. Questo perché avevo imparato a vivere le esperienze “con tutto me stesso” diversamente da alcuni studiosi che ahimè essendo troppo affezionati ai libri non riuscivano a fare due passi a piedi.
Ricordo mio padre, artista, pittore degli anni ’60 e ’70, che nel disegnare il paesaggio sardo aveva la consuetudine di ombreggiare di un blù particolarmente elettrico l’aura delle montagne. “Facci caso” mi diceva “se socchiudi gli occhi mezz’ora o un’ora dopo il tramonto, noterai che quello che vedi nei quadri è reale”. Lo constatai eccome!
La Sardegna ha un magnetismo pazzesco e nessun luogo d’Italia, d’Europa, che ho visitato, comprese le isole Canarie, possiede questa forte caratteristica di presentare detta particolare colorazione tra il cielo e le montagne.
Mi chiedo: pensate forse, dopo tutto quello che si legge oggi a proposito dell’intelligenza e della conoscenza dei popoli antichi, che quest’aspetto possa essere loro sfuggito? Credo proprio di no!
Nel libro, che a questo punto spero di pubblicare al più presto, descrivo questo mio pellegrinare tra i nuraghi e tra le rovine di un tempo e avendo letto ed ascoltato pareri di autori diversi - a proposito del tempo che fu - solo alcuni mi sono sembrati degni di una certa considerazione. Una considerazione di stampo ufologico intendiamoci, di quelle che fanno storcere il naso agli accademici e a tutta quella schiera di persone che non vogliono prendere atto della possibilità che possa esistere altro; ma tant’è.
Studiosi del calibro di Zecharia Sitchin tanto per intenderci che attraverso gli studi sulle antichità su mere è riuscito, a tradurre miriadi di tavolette d’argilla ritrovate presso quei siti e diversi testi risalenti al periodo precedente il “diluvio”, e a convincermi delle sue ipotesi che sono più che pure supposizioni.
Uno studio così approfondito così terribilmente vicino alla nostra “sardità” che non può esimerti a fare certe considerazioni e a vagliare alcune ipotesi interessanti per quanto azzardate possano sembrare.
Poi, quando meno te lo aspetti, quando il tuo libro è giunto alle conclusioni, ecco altro materiale interessante; diverso, ma sostanzialmente uguale.
Allora sei li a chiederti se gli Dei vengano considerati tali in quanto abitanti del “Cielo”, o seppure siano persone in grado di fare cose di cui noi nemmeno ci sogniamo.
Ecco allora Zecharia Sitchin a confronto con Cristopher Knight e Robert Lomas per cercare di meritarsi il premio di “Quale teoria si sposa di più per cercare d’interpretare la storia antica della Sardegna”? Ma a me i premi alla fine non interessano affatto ed è per questo motivo che, nell’esporre e nel valutare le ipotesi riconducibili alla più antica storia sella Sardegna seguendo le tracce di ciascuna delle due teorie, trovo una conclusione che taglia la testa al toro: - in entrambi i casi la Sardegna risulterà essere comunque “La Terra degli Dei”.
LE DUE IPOTESI
Zecharia Sitchin
L’ipotesi relativa agli studi di Zecharia Sitchin mette l’accento sul fatto che abitanti di un pianeta a noi sconosciuto - ma ben noto dai Sumeri - orbitante intorno alla nostra Stella in un periodo di 3600 anni, sia la sede degli Dei. Le prove di ciò sarebbero palesi sia nelle già citate tavolette, che in alcuni dei testi sacri, tra cui l’Opera di Gilgamesh, la Bibbia sumera. Questi dei avrebbero, come potremmo fare noi terrestri oggi in un pianeta che ne consentisse l’esperienza, selezionato alcuni ominidi preesistenti sulla Terra fino a farli diventare nel tempo “Adami ed Eve”, tanto per intenderci.
La selezione, che all’inizio durò decine di migliaia di anni, sarebbe servita per clonare un essere che lavorasse al loro posto ed avvenne grazie al tempo che giocava in loro favore. Infatti, visto che un anno loro durava 3600 anni a confronto di quello terrestre, questo gli garantiva il tempo necessario per sperimentare diversi tipi di clonazione fino alla realizzazione del primo essere lavoratore e schiavo: il“Lulu”. Successivamente gli Dei provarono ad ottenere qualcosa di più completo facendo accoppiare il “miglior” prodotto ottenuto dalla clonazione dei preominidi con uno della loro specie e deità.
Il nome del pianeta, citato dai sumeri, è Marduk, ma è noto più comunemente con il termine Nibiru. Gli Dei in questione chiamati dai sumeri “Annunaki” sarebbero quelli conosciuti con il nome di: ANU (il Padre) ENKI ed ENLIL (i Figli) più altri noti: UTU-SHAMASH –MARDUK- ANTU- NINHARSAG-SIN- NINMAH- NINURTA.
Secondo lo scrittore il teatro dove avvennero i fatti, dove gli dei si stanziarono per la prima volta 250000 anni fa fu la regione che oggi viene chiamata Iraq, l’Eden. Ma questa non fu la sola regione implicata, perché in epoche successive Questi si stanziarono, per motivi logistici, più a sud e cioè nella regione palestinese.
Altri studiosi prendono atto per esempio che questi “Paradisi” dovettero essere una consuetudine datata nel tempo e pensano siano diversi i siti dove questi furono realizzati. Tra i tanti figurerebbe anche parte dell’America Latina.
E’ possibile che la Sardegna fu uno di questi siti?
Ora secondo gli studi di un sardo, Angelo Rusani- Doppiu , che ho conosciuto, i sumeri sbarcarono in Sardegna quando lotte intestine li costrinsero a rifugiarsi altrove. Le prove di questo sbarco e la loro permanenza nell’Isola non lasciano dubbi, almeno secondo la mia valutazione. Tanti sono poi gli usi e costumi comuni ad iniziare dal modo di costruire le case con paglia e argilla, alla transumanza delle greggi fino ai modi di interpretare gli sposalizi. Ci sono poi da considerare i toponimi, le varie nomenclature, insomma una miriade di coincidenze che danno prova di questo avvenimento. Anche i tempi potrebbero coincidere, se si tenesse conto di possibili errori di valutazione.
Non è improbabile, allora, visto e considerato che moltissimi tasselli sembrano trovare la loro giusta collocazione in questo puzzle, che anche la Sardegna così bella, così verdeggiante a quei tempi, così ricca di metalli, fosse stata presa in considerazione per edificarvi l’ennesimo “Paradiso Terrestre”. Questo racconta il libro “Terra degli Dei”con dovizia di dettagli a volte, forse, troppo “belli per essere veri”.
C. Knight & R. Lomas
Le teorie di questi due ricercatori e scrittori sono molto convincenti. Nel campo degli studi sul megalitico penso costituiscano ciò che di più “moderno” si possa trovare. Nessuno che io sappia si è spinto così audacemente da destare un così grande interesse e probabilmente anche un grande consenso. Sta di fatto che dal mio punto di vista, sia esso autorevole o meno- per me non fa la differenza- hanno dato un contributo alla ricerca veramente notevole. Hanno pubblicato diversi libri, ma quello che ha suscitato il maggior interesse, almeno per quanto concerne l’archeoastronomia, è “La Civiltà scomparsa di Uriel”.
A detta dei due saggisti, che hanno avuto modo di studiare accuratamente l’Irlanda, i circoli megalitici li presenti si dimostrerebbero essere delle “macchine astronomiche” capaci di individuare i corpi meteorici provenienti dal cielo in eventuale rotta di collisione con il nostro pianeta.
Il popolo che ragionò su questi fondamenti, secondo i rilevamenti effettuati dagli studiosi, risulterebbe essere molto progredito nell’aritmetica e portatore di nozioni che non possono essersi sviluppate se non nel corso di diverse generazioni. Knight & Lomas lo hanno battezzato “Il popolo della ceramica a solchi” per via della peculiarità in loro intrinseca di saper lavorare ed incidere anche sul duro con attrezzature di un metallo che in quel tempo non sarebbe dovuto esistere. Questo grossomodo il senso del nome conferitogli. Ma sono diverse le capacità di questo popolo- manifestatosi probabilmente a partire dal 7600 A.C. - che non si limita alle lavorazioni, e che per quanto entusiasmanti possano queste apparire, non sono nulla a confronto delle conoscenze sul “cielo” e le sue leggi.
Uno degli uomini più in vista, che doveva essere una specie di portavoce del loro capo, pare fosse un certo Uriel. Di lui se ne parla nel libro di Enoch che lo enuncerebbe come L’Angelo Uriele con il quale si incontrò per ricevere “istruzioni” per il suo popolo.
Ora bisognerà fare una digressione per capire alcuni concetti secondo nuovi punti di vista.
Inizieremo col dire che gli Angeli potrebbero essere terrestri molto evoluti- come sostengono altri studiosi-che per le loro capacità considerate misteriose, hanno portato la gente comune a credere che questi fossero Dei. Prova ne sia un “passaggio”scritto in alcuni libri sacri sull’atteggiamento che ebbe Enoch trovandosi al cospetto di Dio.
Dal momento che l’incontro tra Enoch e l’Angelo Uriele è un fatto scritto, è possibile che si stesse parlando del “Dio” di questo popolo. “Enoch fu trasportato nei cieli” così recita più o meno lo scritto, “Egli si trovò al cospetto di Dio in persona cadendo prostrato ai suoi piedi”. Questo racconto, frutto degli scribi del tempo, da l’idea della religiosità e della riverenza comune nella popolazione sumero akkadica.
Bisognerebbe allora domandarsi come avvenne l’avventura che vide Enoch trasportato
“nei cieli” e supporre che questi cieli fossero la residenza di questo popolo, come, ripeto, sostengono alcuni studiosi di frontiera e che si collocassero in regioni terrestri inaccessibili.
Knight & Lomas sostengono che questa regione specifica, visitata da Enoch, fosse l’Irlanda ed il luogo dove avvenne “l’incontro” fosse “Newgrange”, un tempio interamente fatto di ciottolato di quarzo bianco sia all’esterno che all’interno. Trovandosi l’Irlanda in quel tempo interamente sotto i ghiacci, suggestiva dovette essere l’impressione che ebbe Enoch di fronte ad un tempio tutto di quarzo bianco, collocato sul ghiaccio - che è bianco- e tutto circondato di fiaccole e fiamme all’esterno e di fiamme e di lumi all’interno. Se poi vi giunse di notte, come è probabile, lo scenario dovette mozzarli il fiato.
Detto ciò mi sono chiesto: Chi erano questi uomini? Da dove provenivano? Perché rispetto agli altri erano così progrediti?
Una sola è la risposta: “Questo popolo aveva qualcosa a che fare con quella civiltà precedentemente scomparsa, quella più misteriosa, la più discussa e blasonata se non la più inflazionata:“Atlantide”.
“Enoch allora incontrò gli atlantidei?”
Non proprio. E’ molto probabile, infatti, dal momento che ci troviamo in un periodo storico che va dal 5500 al 3500 A.C., che questo popolo detto “della ceramica a solchi” sia la riorganizzazione di quella che fu la popolazione atlantidea.
Mi spiego meglio: “Se Enoch avesse incontrato gli atlantidei ci saremmo trovati in una data molto precedente a quella che abbiamo indicato”; sappiamo infatti, dai racconti di Platone, che questa scomparve intorno al 9600A.C.
La mia teoria si basa su un concetto molto particolare: Atlantide non era un continente relegato ad una sola isola – anche se il fulcro di questa civiltà poteva collocarsi benissimo in un territorio isolato- bensì una civiltà avente appendici sparse un po’ ovunque. Come l’Impero Romano.
Se questa ipotesi fosse esatta, a questo punto, il popolo della ceramica a solchi costituirebbe un ceppo riorganizzato che visse a partire dalla distruzione di Atlantide. Una generazione sostanzialmente proveniente dai sopravissuti della civiltà di cui parla Platone.
A questo punto ecco il connubio con la Sardegna: Atlantide era sicuramente un isola o un continente, ma era la capitale di una civiltà ben più vasta. Scomparsa la capitale, inabissatasi, caduto in pratica il governo, i complementi di detta civiltà si sfaldarono. Alcuni di questi imbarbarirono, altri, magari, ebbero miglior sorte.
Il popolo della ceramica a solchi, che ho ribattezzato col nome di “Nuovi atlantidei”, si originò probabilmente da uno dei ceppi che ebbe la meglio, che conservò la scienza tramandata dai Padri e che attraverso le generazioni successive poté dare quei risultati di cui ci parlano Knight & Lomas nelle loro ricerche.
Ora è possibile che essendo la Sardegna così bella e fiorente, ricca di metalli e di chissà cos’altro, fosse parte della civiltà scomparsa?
Cosa potrebbe essere successo all’eventuale popolazione sarda appartenuta al “Regno di Atlantide”? Imbarbarì? Oppure si disunì?
Secondo le mie osservazioni le ceramiche ritrovate nella grotta verde di Alghero hanno qualcosa di familiare con quelle facenti parte del popolo della ceramica a solchi di stanza al nord delle isole britanniche. La cosiddetta ceramica cardiale somiglia a quella irlandese a solchi e anche “certe date” possono coincidere.
Cercherò di fare più chiarezza.
Dal momento che, attraverso gli osservatori astronomici- costituiti dai circoli megalitici- si potevano osservare i corpi provenienti dal cielo, ed essendo questi nuovi atlantidei terrorizzati da quel che capitò ai loro Padri, nulla ci fa escludere che un’improvvisa partenza dalle loro terre nordiche verso il profondo sud, fosse dovuto proprio dalla minaccia di qualcosa che osservarono o intuirono. Intorno a quel tempo, tra l’altro, il mar Baltico prese a crescere invadendo le coste scandinave.
E’ possibile quindi che questi “sapienti”, fuggiti, si rifugiarono al sud, e quindi in Sardegna? E se si, cosa vi trovarono? Ceppi imbarbariti della civiltà che fu? Oppure navigatori con i quali avevano già dei contatti?
Sta di fatto che la ceramica impressa, somigliante alla ceramica a solchi - almeno nel mio modo di vedere - fa scaturire delle ipotesi: E’ possibile che gli “irlandesi”- che si trovarono bene in Sardegna giacché gli ricordava la loro terra- non avendo la possibilità di impiegare l’attrezzatura tradizionale, perché nella fretta di andarsene non se la portarono appresso, usarono per ornare la ceramica, che per forza dovettero costruirsi, la conchiglia, abbastanza dura, per fare quei solchi di loro uso e costume?
Aggiungiamo a tutto questo altri fatti: 1) i “Nordici”avevano contatti con i Sumeri – vedi la storia di Enoch – 2) la Sardegna ebbe un invasione da parte di queste – vedi Angelo Rusani Doppiu.
E’ facile allora supporre che intorno al 3200A. C. - data in cui si presume avvenne un diluvio di immani proporzioni, originato forse da un corpo meteorico proveniente dal cielo, che tutte queste genti si trovassero nell’Isola.
Per fare che cosa? Per edificare un tempio che riunisse tutte e tre le culture?
Il tempio di Monte d’accoddi ricorda, per la sua fattura, sia una Ziggurat che un nuraghe e non si distacca molto dalla concezione megalitica tipica degli irlandesi con i suoi menhir le anphalos e i dolmen.
Giovanni Cannella
1 commento:
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